Milano – è stata inaugurata Venerdì 18 ottobre alle ore 18.30 da c|e contemporary “Portrait of an Anomaly” la prima personale in Italia della visual story-teller slovacca Evelyn Bencicova che vedrà esposte le serie “Asymptote”,“Artificial tears”e “Ecce Homo”.
Evelyn Bencicova, classe 92, è una giovane creativa visiva, originaria di Bratislava specializzata in fotografia e direzione artistica. Formatasi nell’ambito delle belle arti e dei nuovi media, grazie agli studi presso l’Università di Arti Applicate di Vienna, Evelyn riesce a combinare il suo interesse per la cultura contemporanea allo studio accademico, creando delle opere in cui la ricerca concettuale incontra quella visiva dando vita ad ambientazioni ricercate ed esteticamente accattivanti. Evelyn non si definisce una fotografa in quanto sperimenta diversi media attraverso i quali prova a raccontare la sua personale visione del mondo.
L’artista crea, come dice lei stessa, delle illusioni basate sulla realtà e, distorcendo la nostra percezione, ci invita ad entrare nel labirinto segreto della sua mente in cui ogni dettaglio nasconde un significato più profondo rispetto a quello che rivela in apparenza. I colori tenui, quasi sbiaditi, le pose dei soggetti e l’intera atmosfera di queste composizioni danno la sensazione di trovarsi di fronte a immagini surreali. Osservando più attentamente la scena ci si rende però conto di non essere poi così lontani dalla vita odierna.
La serie “Artificial Tears”, con cui inizia il percorso espositivo, è stata realizzata nel 2017. In questo progetto l’artista si chiede come sarà il futuro dell’intelligenza artificiale mettendo in risalto interrogativi quali la dipendenza, moralità e i pregiudizi che il genere umano si pone rispetto a questa tematica. L’intelligenza artificiale fa sentire l’uomo divino in quanto creatore di qualcosa di molto potente ma allo stesso tempo lo fa scontrare con la sua fragilità e il suo essere mortale, facendogli prendere coscienza di poter essere sostituito da un dispositivo. Molteplici le incognite legate a questa problematica ma Evelyn isola un quesito in particolare: Cosa distingue l’uomo dalla macchina?. La protagonista di questa serie ha l’aspetto di una giovane donna legata allo stereotipo della sua specie. Difficile definire chi sia questo modello, potrebbe essere l’artista, l’osservatore o nessuno di noi. L’altro. Il tuo doppio. Potrebbe essere una rivisitata Marilyn Monroe o Tara l’Androide, o una macchina senza volto che vive alienata in un futuro pulito, elegante che risveglia una sensazione di inquietudine nonostante il suo assoluto vuoto e silenzio. Il sentimento che si prova di fonte a questi lavori è di essere degli outsider in un mondo strano ma allo stesso tempo familiare in cui si è forzati a seguire delle regole assurde. Un mondo senza senso. L’osservatore comprenderà come gli scenari proposti non mostrino necessariamente un futuro in cui la macchina si comporta come l’uomo ma piuttosto, o allo stesso tempo, un mondo in cui l’essere umano agisce come un automa.
Nella seconda serie in mostra, “Asymptote”, si ritrovino molte caratteristiche legate alla visione surreale e ipnotica di Evelyn, come la ricerca di spazi affascinanti, la struttura rigorosamente geometrica delle immagini, l’uso di colori freddi e lividi, in questo caso fusa con la preponderante presenza del colore rosso. La serie è stata realizzata in strutture architettoniche originarie dell’era socialista in quanto il lavoro è un’interpretazione personale della vita nella Cecoslovacchia dell’epoca. In questa serie passato e presente, memoria e realtà si fondono. In questo caso Evelyn studia lo stato attuale della società e i suoi valori. L’artista vuole mettere in luce come vi siano molti punti in comune fra passato e presente e come ogni periodo abbia a che fare con gli stessi demoni che si ripresentano sotto altre vesti. La serie fa luce su l’idea di conformismo e di esaurimento vissuta dai personaggi, che si presentano sempre nelle stesse pose e con volti celati da maschere a rappresentare la pressione psicologica che la società esercita sull’individuo per renderlo omologato.
A fare da spartiacque fra le due serie il fashion film “Asymptote” (2016), co-creato da Evelyn con Adam Csoka Keller e Arielle Esther, un video ipnotico ed ermetico in cui le opere fotografiche della serie Asymptote di Evelyn Bencicova prendono vita. I soggetti, che si muovono con una compostezza innaturale, creano essi stessi un modello diventando parte della composizione nella sua totalità. Ogni persona è privata della sua individualità per diventare una forma unificata. Questo percorso porta a creare uno schema dell’assurdo in cui ogni differenza è un’anomalia. Gli individui sono dominati da una forza estranea di cui sono vittime impotenti ma anche complici in quanto rendono manifesta questa forza ed agiscono sotto il suo impulso.Questo progetto prova a connettere l’archivio nazionale con i nuovi media cercando di plasmare i contenuti storici attraverso una visione estetica personale ed intrigante.
Il film è stato premiato al Fashion Film Festival Milano 2017, ed è stato presentato allo SHOWstudio Fashion Film Awards, all’Austrian American Short Film Festival e Diane Pernet ASVOFF al Centre Pompidou di Parigi.
La serie “Artificial Tears” ambientata in un possibile futuro e la serie “Asymptote” legata a un confronto col passato si fronteggiano negli spazi di c|e contemporary dando vita ad una mostra surreale ed ipnotica.
Ambienti e colori asettici, spazi vuoti e atmosfere crude in cui i personaggi vivono in situazioni indecifrabili, sono solo alcune delle caratteristiche del lavoro di Evelyn che non può non incantare chi l’osserva. I colori tenui, quasi sbiaditi creano un atmosfera sospesa fra passato e futuro che però non è esattamente il nostro presente.
A concludere questa mostra visionaria la serie “Ecce Homo” in cui corpi nudi appaiono in pose innaturali creando delle strutture geometriche, quasi architettoniche. Immagini in cui l’essere umano si trasforma in un oggetto e diventa parte del contesto circostante. Evelyn ci racconta la fragilità umana in una maniera assolutamente non scontata. Corpi nudi in ambienti altrettanto spogli i cui volti non vengono mai mostrati in modo da rimanere personaggi generici in cui ognuno può immedesimarsi. La serie fa luce sull’istinto dell’uomo a uniformarsi e seguire le opinioni/azioni imperanti nella società, schemi comportamentali che sono rappresentati in maniera astratta e semplificata.
Evelyn lavora per diversi marchi di moda e di lusso come Gucci, Cartier e Nehera. Collabora inoltre con istituzioni culturali come la Royal Opera House, Berghain, Kunsthalle Basel, il Slovak National Theatre and Ballet e il Museumsquartier di Vienna. Evelyn Bencicova è stata invitata a creare visuals per l’Istituto di Biologia Molecolare in Austria e a creare, più di una volta, performance per la cerimonia di chiusura dell’Atonal di Berlino e per altri importanti Festival legati al mondo del suono e dell’immagine sperimentale.. Il lavoro commerciale e artistico di Evelyn Bencicova ha visto protagonisti Vogue Portugal, Vogue Czechoslovakia, ZEIT Magazine, ELLE, Dazed & Confused, GUP, HANT e Metal Magazin. I suoi lavori sono stati inoltre pubblicati su importanti piattaforme online (Juxtapoz, iGNANT.com, Fubiz media), libri fotografici internazionali. Ha partecipato a diverse mostre personali e collettive a Stoccolma, Londra, Tokyo, Parigi, New York, Berlino, Vienna, Milano, Amsterdam. Bruxelles, Praga e Roma, solo per citarne alcune.
Nel 2016, Evelyn ha vinto i prestigiosi premi Hasselblad Masters e Broncolor GenNext. È stata inoltre preselezionata e premiata da LensCulture, Independent Photographer, Gomma Grant, Spotlight awards,Life Framer, Tokyo International Photo Award e OFF Festival. Evelyn è stata inserita da Artpil fra le 30 under 30 / women photographers.