Maurizio Barberis

RISONANZE per una geografia dell'anima

28 maggio ore 18:00

A cura di Mariacristina Ferraioli

Echi

“…Sweet Thames, run softly, till I end my song…”
  
L’eco produsse allora una sorta di sdoppiamento dell’immagine, una risonanza della Figura
che divenne in tal modo visibile, partecipe del mondo delle cose.
 
Da questo fantasma della Figura vennero generate le evidenze più elementari
e quelle più inquietanti, poste alle soglie di un regno nascosto.
 
Fino a che punto dunque la risonanza, l’eco, potè influenzare l’approssimarsi dell’Io al Sé,
l’unirsi della Figura ai suoi archetipi,
quella ierogamia di luce e ombra che determinò una nuova unità di anima e spirito?
 
L’eco procedeva sempre riempiendo un vuoto, un leggero distacco dalla Figura prima,
occupato da quella Memoria del Sé che operava dall’interno dell’Anima Mundi,
per trasformare infine l’individuazione della Figura nella Rubedo dell’Opera.
 
Da questo processo, da questo ‘transfert’ emotivo,
nacque quella forma di totale adesione ad una invariante poetica che ne strutturò la costante figurale,
la manifestazione di una Poiesis.
 
Attraverso l’infinita risonanza di questo modello archetipico,
di un inconscio aperto alla realtà dello spirito,
il mondo dell’ombra determinò ‘sincronicamente’ la luce della figura, e grazie a questo processo di Mimesis,
riflesso o eco dell’ombra nella luce della coscienza attiva,
si rese possibile il viaggio spirituale verso la morte dell’Io, verso il Sé dell’Hopera.

Maurizio Barberis

Nasce a Milano e si forma a Venezia, dove vive per sei anni, laureandosi in architettura presso lo IUAV con il massimo dei voti. Dopo la laurea in architettura e un master a Urbino in urbanistica, sotto la guida di Giancarlo de Carlo, sceglie la strada dell’arte, cui affianca un’intensa attività didattica e pedagogica nell’ambito della Teoria del Colore e della Teoria della Forma presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. In quel periodo pubblica, oltre a numerosi saggi scientifici, un saggio filosofico su queste tematiche, “Teorie del Colore, frammenti per un’analisi fenomenologica”. Da sempre orienta la sua ricerca verso la consapevolezza delle relatività della coppia spaziotempo.In quegli stessi anni viene chiamato a Venezia dal direttore di Palazzo Fortuny che gli affida l’incarico di organizzare un seminario di studi dedicato all’ “Utilità dell’Arte”, un workshop dedicato al progetto della luce, la curatela di una sezione (La luce di Fortuny) della mostra dedicata al cinquantenario della morte del grande artista spagnolo, nonché il progetto di allestimento della mostra stessa. Contemporaneamente lavora con Philippe Daverio alla fondazione di una Scuola Superiore per le Arti Applicate presso l’ex istituto Marchiondi (assessorati all’Educazione e alla Cultura del Comune di Milano). Cura inoltre in quegli anni i seguenti seminari di studio: ‘Le nuove sinestesie’ con Giovanni Anceschi, Sala del Grechetto, Palazzo Sormani, Milano 1986, ’Le superfici del design’ Triennale di Milano, con Camera di Commercio e Fondazione Ratti, 1990, ‘Le culture dell’abitare’ Palazzo della Triennale di Milano, 1992, ‘Telemico e telematico’, Palazzo Fortuny, Venezia 1992, ‘Camere con vista’ Abitare il Tempo, Fiera di Verona, 1993, ‘La qualità dell’Abitare’ Casa della Cultura, Milano 1994, ‘Arte come me- stiere’, Accademia di Belle Arti, Bergamo, 1994, ‘Il caso Marchiondi’, Milano 1994, ‘La fondazione di un Centro Studi e Formazione per le Arti Applicate all’Industria’, Palazzo Reale, Milano, 12-16 Giugno 1995, ‘Enti e Fondazioni Europee per lo sviluppo e la promozione delle arti applicate all’industria’, Palazzo Reale, Milano, 1995, ‘La pittura e la memoria’ ciclo di incontri seminariali, Palazzo Reale, Milano, novembre 1996 – gennaio 1997, L’utilità dell’arte’, Palazzo Fortuny, Venezia, 1997. Risale a quegli anni l’incontro con il grande collezionista e connoisseur d’arte tedesco Franz Armin Morat, che gli offre l’occasione di esporre nella sede della sua Fondazione Morat a Friburgo una serie di opere di grandi dimensioni dedicate al rapporto tra paesaggio e orizzonte.

Da questa esperienza, che conclude la prima fase del suo lavoro artistico, nasce la decisione di dedicarsi per un periodo alla ricerca dei limiti espressivi della rappresentazione, centrando sulla fotografia il principale media di esperienza autoriale. Per alcuni anni si dedica al lavoro fotografico, scegliendo l’eteronimo Henry Thoreau, collaborando con ad alcune prestigiose testate europee, la principale AD France, e con alcuni magazine italiani quali IO Donna, Marie Claire Maison e Interni Magazine. Pubblica alcuni volumi fotografici, “Casa Italiana” con Rizzoli NY, “Living Today” con Electa, “Interior Italia” con Mondadori Arte e “Murano, Behind the Glass” Damiani Edition. Nel 2012 riceve un Premio per la migliore Fotografia della Biennale Architettura di Venezia. Negli ultimi anni ha affinato la sua ricerca poetica, dedicandosi all’esplorazione attraverso la fotografia le tangenze tra il mondo sensibile, le forme, il mondo della percezione primaria, i sogni, il mondo di affermazioni simboliche e miti. Si accentuano gli ultimi episodi del lavoro artistico di Maurizio Barberis il rapporto con il pensiero alchemico. In questo caso, l’alchimia funge da catalizzatore per il materiale di arte, sia essa materiale fotografico, dotato di una propria inconscia autonomia che emerge nel rapporto con la psiche dell’autore, ovvero la dimensione temporale, considerata come una vera ‘malleabile’ materiale’, analogamente a quanto accade nella scultura o nel disegno, che trova nella fotografia l’arte del istante per eccellenza, un’improbabile variante diacronica che mette in discussione la successione standardizzata di momenti temporali, come registrati dalla nostra coscienza.