TRAVELGLOBE: Portrait of an anatomy. Le atmosfere rarefatte di Evelyn Bencicova

28.10.19

Segnatevi questo nome perché ne sentirete parlare ancora. Espone per la prima volta in Italia, presso c|e contemporary di Milano, la giovane artista slovacca Evelyn Bencicova. Classe 92, studi all’Università di Arti Applicate di Vienna applicate di Vienna, è specializzata in fotografia e direzione artistica.

Le opere di questa visual story-teller, come lei stessa ama definirsi, non sono delle semplici fotografie: sperimenta diversi media attraverso cui racconta la sua personale visione del mondo. In esse la ricerca concettuale incontra quella visiva dando vita ad ambientazioni raffinate ed esteticamente accattivanti.

L’artista crea delle illusioni basate sulla realtà e ci invita nel labirinto segreto della sua mente in cui ogni dettaglio nasconde un significato più profondo rispetto a quello che rivela in apparenza. Le sue immagini composte da colori tenui, sbiaditi, neutri, a volte macchiati da guizzi, le pose dei soggetti in una presenza – assenza studiata e l’atmosfera di queste composizioni danno la sensazione di trovarsi di fronte a immagini surreali,  che poi ci si accorge non essere molto lontane dalla vita quotidiana.

Artificial Tears

È la serie del 2017 con cui inizia l’esposizione. In questo progetto l’artista si chiede come sarà il futuro dell’intelligenza artificiale, mettendo in risalto interrogativi quali la dipendenza, moralità e i pregiudizi che il genere umano si pone rispetto a questa tematica, tra la sua potenza creatrice e il timore di una sostituzione. Evelyn si interroga in particolare su cosa distingua l’uomo dalla macchina. Difficile definire chi sia questo modello. Il sentimento che si prova di fonte a questi lavori è di essere degli outsider in un mondo strano ma allo stesso tempo familiare in cui si è forzati a seguire delle regole assurde. Un mondo senza senso. Gli scenari proposti non mostrano necessariamente un futuro in cui la macchina si comporta come l’uomo, ma piuttosto, o allo stesso tempo, un mondo in cui l’essere umano agisce come un automa.

Asymptote

Nella seconda serie in mostra, “Asymptote”, si ritrovano molte caratteristiche legate alla visione surreale e ipnotica di Evelyn, come la ricerca di spazi affascinanti, la struttura rigorosamente geometrica delle immagini, la scelta di luoghi misteriosi e l’uso di colori freddi e lividi. La serie è stata realizzata in strutture architettoniche originarie dell’era socialista in quanto il lavoro è un’interpretazione personale della vita nella Cecoslovacchia dell’epoca. In questa serie passato e presente, memoria e realtà si fondono. In questo caso Evelyn studia lo stato attuale della società e i suoi valori. L’artista vuole mettere in luce come vi siano molti punti in comune fra passato e presente e come ogni periodo abbia a che fare con gli stessi demoni che si ripresentano sotto altre vesti. La serie fa luce su l’idea di conformismo e di esaurimento vissuta dai personaggi, che si presentano sempre nelle stesse pose e con volti celati da maschere a rappresentare la pressione psicologica che la società esercita sull’individuo per renderlo omologato.

Video

A fare da spartiacque fra le due serie il fashion film “Asymptote” (2016), co-creato da Evelyn con Adam Csoka Keller e Arielle Esther, un video ipnotico ed ermetico in cui le opere fotografiche della serie Asymptote di Evelyn Bencicova prendono vita. La serie “Artificial Tears” ambientata in un possibile futuro e la serie “Asymptote” legata invece a un confronto col passato si fronteggiano negli spazi di c|e contemporary dando vita ad una mostra surreale e ipnotica. Ambienti e colori asettici, spazi vuoti, atmosfere crude, in cui i soggetti si ritrovano in situazioni indecifrabili sono solo alcuni degli elementi caratterizzanti del lavoro di Evelyn che non può che incantare lo spettatore.

Ecce Homo

A concludere questa mostra visionaria alcune immagini della serie “Ecce Homo” in cui corpi nudi appaiono in pose innaturali creando delle strutture geometriche, quasi architettoniche. Immagini in cui l’essere umano si trasforma in un oggetto e diventa parte dell’arredo circostante. Evelyn ci racconta la fragilità umana in una maniera assolutamente non scontata. Corpi nudi in ambienti altrettanto spogli i cui volti non vengono mai mostrati, in modo da rimanere personaggi generici in cui ognuno può immedesimarsi. La serie fa luce sull’istinto dell’uomo a uniformarsi e seguire le opinioni/azioni imperanti nella società. L’individuo perde così la propria identità e il suo spazio personale viene ridotto al minimo.