Milano – martedì 7 giugno alle ore 18.30 inaugura da c|e contemporary “Vis à Vis” un dialogo fra due artisti che hanno un comune denominatore derivante dalla riflessione filosofica alla base della loro poetica.
Dario Santacroce, scultore, concentra la sua ricerca sul tempo, vissuto come metafora, teoria, esperienza e visione. Crea forme scultoree pure, impiegando materiali innovativi e strumenti tecnologici d’avanguardia. Santacroce ha realizzato un proprio universo scultoreo, un mondo ricco di simboli e archetipi, centrato sull’utilizzo di materiali al 99% minerali e sulla stampa in 3D che permette quasi di azzerare lo spreco di materia. Le opere esposte in mostra appartengono alle serie Spherical Creations e Hemi-Spheres atte a documentare la ricerca estetica dell’artista basata sulla manipolazione degli elementi geometrici. In mostra sarà inoltre presente l’opera Reuleaux Tetrahedron, elemento alla base della creazione scultorea della serie Spherical Creations. Secondo il filosofo greco Platone, le forme perfette non esisterebbero nel mondo fisico ma risiederebbero come idee astratte, incontaminate e immutabili, nel regno del pensiero. Gli oggetti che percepiamo sarebbero quindi semplici ombre che imitano queste forme pure. Santacroce con le sue serie scultoree sembra sfidare il filosofo ponendosi l’obiettivo di creare la forma fisica più perfetta possibile, con le conoscenze, gli strumenti e la tecnologia disponibili al giorno d’oggi. Le superfici e le forme plastiche create dall’artista assumono nuova vitalità diventando linguaggi che parlano allo spettatore provocando riferimenti e rielaborazioni personali.
Cho Daso, vive e lavora a Parigi, formatosi all’École Nationale Supérieure d’Architecture de Paris Lavillette mette in opera, nelle sue straordinarie fotografie, un sistema generativo di strutture semio-narrative profonde, desunte dal Quadrato semiotico del ricercatore lituano Algirdas Greimas, a sua volta derivato dal quadrato delle opposizioni di Aristotele, al fine di classificare testualmente concetti oppositivi, come bello-brutto, maschio-femmina, vita-morte, nelle loro composite varianti (contrari, contraddittori, subcontrari…). La sua formazione semiologica ha come esito opere fotografiche in cui il soggetto diventa instabile, fluido, immerso in una realtà di metaconcetti. Quando fotografa una poltrona nera su un fondo rosso in uno spazio vuoto, oppure un tavolo neutro in uno spazio neutro, pittoricamente tonale, e li intitola donna o uomo, coglie simultaneamente la presenza e l’assenza di quel soggetto, ora inteso come ente, ora come non-ente, cioè niente.